Maledico il verso e tutta la letteratura di gardenie morte qui
nelle braccia, la pagina esangue che ha vendicato schiene
sommesse alla luna. L’argento sguainato alto come razzia
d’aria ferma e gli ori al tramonto. Mare, il mare impetuoso
che scuote le spalle e rigira i fianchi, nuovo fango
che porto alle guance, e l’onore, l’onore di sputare nero
come una seppia di scoglio. E maledico il canto
che mortifica il ghigno, quegli uomini poggiati
al muro. Le rime sopravvissute al lutto dei mandorli.
Maledico tutta la letteratura e le bocche saccenti,
avrei potuto correre nell’erba, gridare come un’aquila
al tuo petto. Saltare alto chissà dove.
Ma mi chiamano sempre, dalle piazze imbandite, da sotto
gli asfalti, dalle cime fredde, incoronato d’alloro,
che al cielo serve un testimone. Mi chiedono
se ti ho visto da qualche parte, a una festa di maggio, un’infiorata
a me, proprio a me, con mani vacanti
e la malattia dell’acqua.
sl2019
mi lasci sempre senza respiro
Grazie, cara! 🙂