Con gli occhi al cielo
Non tutti hanno stessi occhi
alcuni discostano nuvole come falchi
ammaliati dal sole, empi d’azzurro
volano ingoiando luce
brina assolta di cime innevate
languore oculato su piccole prede
sfiancate d’erba umida
un’eco lamenta l’alba con i suoi martiri
altri hanno la gioia d’infinito grigiore
un prato fitto al temporale
se l’incarnato annacqua le schiene
e l’aria romba con i suoi corvi
gole precipitate dentro una roccia
ritraggono vita, rifiuto di membra
ombre a supplicare il cielo
un tremore al collo morsicato
sottile pena che dimena
forse è Dio – che mi bacia.
Salvatore Leone 2014
Sublime. Non mi viene altra parola.
Grazie Davide 😉
Qui avverto un disagio. Ma in questo tuo scritto parli degli esseri umani o degli angeli?
La chiusa è stupenda 🙂
Parlo di rapaci e prede, di chi divora e di chi ama lasciarsi divorare, ruoli inevitabili 😉 Ciao Lila!
Ciao Salvatore! Avevo frainteso. Anche se la metafora è inevitabile.
Un sorriso 🙂
Grazie! Un saluto a te!
Complimenti!
Grazie Enrico!