Vite all’incanto
ed io, ch’ero vestito
come un presidente, all’incanto
una giacca nera e i guanti bianchi
lasciatemi respirare
lasciatemi respirare la fine di ogni tempo
saziatevi di teste e corone
lingue asciutte, e quel languore al vanto
le strade accorte mentono spesse
sull’esteso catrame il delirio di falene abbattute
ricordo la voce delle nuvole annodate alle torri
dei castelli, i sogni erano magie e non fandonie
gli uomini concessi alla terra erano esperti d’aria
le mani ad opera dei cieli e le stelle incise ad occhi
chiusi, un dipinto di parole sulla fronte
ad inventarsi il blu della notte
ed era si notte
i giorni scorsero ad imitare il sole
le rabbie, gli onori, barlumi allevati al seno
di un’ombra martoriata
la freddezza di un inchino alle ginocchia
un muso storto, e quel sasso bianco
tra i sorrisi, una fede alla gola
le volte celesti dettate ai rampolli
sulle schiene flagellate a sferze di miele
guastatemi il sangue, deviatemi i sensi
calunniatemi il credo
ed oggi, resto qui affranto
come un demente addestrato
a nulla dire e a non pensare
riciclatemi il cuore, le ossa
mettete all’asta la pelle, i polmoni
pregiate ciglia e pupille
e non scordatevi le gambe, i piedi
ordinate il silenzio al mio fianco
reclinatemi il capo
come se dormissi
Salvatore Leone 2013
Ragazzo… sei proprio bravo. Dico io.
Ecco.
Grazie poetella! Buongiorno! 🙂
Buongiorno a te!
Trasuda ogni sillaba, ogni verso dignità e fierezza. Nonché eleganza. Chapeau!
Grazie Davide! 😉